La sua cultura non fu mai strettamente letteraria : furono sempre vivissimi in lui gli interessi filosofici e soprattutto , e non c’è dubbio che la riflessione sul rapporto arte-scienza occupi un posto centrale nella sua poetica.
Si spiega in tal modo l’interesse sempre vivo di Svevo per quei sistemi gnoseologici del reale che si succedettero rapidamente nell’ orizzonte della cultura mondiale tra Otto e Novecento: Darwin, Freud e Einstein; e proprio le teorie di Einstein furono l’ultimo interesse scientifico della sua vita.

Egli rimase sempre convinto del primato della scienza sull’, e celebre è la sua frase "ciò che la scienza inizia l'arte compie".

Svevo nutriva un vivo interesse per la "sorte del singolo", minacciato nella sua identità e nella sua libertà individuale dalle coercizioni dell’ambiente. Questo vuole fornire una spiegazione della singolare condizione dell’ "inetto", colui che non di vivere secondo le regole del conformismo sociale: "un diverso", "un divergente", che si oppone alla figura del medio, attivo e votato al successo.

Nei romanzi sveviani l’inetto è il "malato" che osserva lucidamente, portandola allo scoperto, la rete di mistificazione, inganni, censure e rimozioni che il mondo dei "sani" ignora, per una sorta di autoinganno collettivo, con cui sostiene la sua visione ottimistica del progresso, il suo vitalismo.

Il tema dell’inettitudine, insieme con quello della vecchiaia e della costituisce un motivo costante della narrativa e della meditazione di Svevo. Con la sua ottica divergente, il personaggio sveviano fa lucidamente la diagnosi della propria condizione alienata, professa la propria inettitudine, bloccando in sé definitivamente ogni residua di azione.

E, quanto più è acuta la sua sofferenza della vita, tanto più viva è la sua aspirazione a realizzarsi in esperienze totali, tanto più il personaggio è immobilizzato nei gesti, incapace cioè di un qualsiasi atto valido alla costruzione di se stesso.

Suo destino è di subire la realtà: la sua "malattia" è nella disposizone , tutta borghese, a guardare a quel destino da una prospettiva individualistica, che reca già in sé l’inevitabilità della . In questa coscienza che il personaggio ha della sua malattia, si riflette l’idea più generale di un malessere esistenziale e di una crisi che si rivela incapace di trovare, sia pure a livello di proposta, una qualche soluzione ai di ordine storico che investono la società italiana ed europea del tempo.
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